Nuove sanzioni alla Russia: le misure restrittive del 18° pacchetto UE

Torniamo ad occuparci delle forniture di gas all’Europa, argomento trattato nella newsletter Nr. 10 dello scorso anno, nel momento in cui l’Unione Europea ha annunciato la preparazione di un nuovo pacchetto di sanzioni verso la Russia, ad ulteriore integrazione delle disposizioni dei Regolamenti Ue 833/2014 e 269/2014.

A tre anni dall’inizio della guerra in Ucraina, l’Ue intende mettere al bando le importazioni di gas e petrolio russi entro il 2027, con l’obiettivo di azzerare la dipendenza da Mosca.

Secondo quanto preannunciato, il diciottesimo pacchetto di misure restrittive comprenderà:

Restrizioni nel settore energetico:

  • NORD STREAM I E II: divieto di utilizzo dei due gasdotti – nessun operatore dell’Ue potrà partecipare, direttamente o indirettamente, a transazioni relative ai due gasdotti;
  • PRICE CAP AL PETROLIO: riduzione del tetto massimo del prezzo del petrolio da 60 a 45 dollari al barile e divieto di importazione di prodotti petroliferi raffinati in Paesi terzi;
  • FLOTTA OMBRA: saranno bandite dai porti europei altre 77 nuove navi, usate per il trasporto di petrolio, che si aggiungono alle 342 già colpite, per eludere le sanzioni.

Restrizioni nel settore finanziario:

  • BANCHE E FONDO SOVRANO: proposto un bando totale alle transazioni Swift, rendendo ancora più difficile per Mosca accedere al sistema finanziario globale, da estendere anche ad altri 22 istituti. Nel mirino anche gli intermediari di Paesi terzi che aiutano a dribblare le sanzioni: per loro, transazioni vietate. Colpito anche il Fondo russo per gli investimenti diretti (Rdif) con l’intento di fermare investimenti strategici e limitare la modernizzazione del Paese e il rafforzamento dell’industria nazionale.

Restrizioni all’esportazione:

  • PRODOTTI E TECNOLOGIE: nuovi divieti all’esportazione per macchinari, metalli, plastica, prodotti chimici e tecnologie “dual use”, incluse quelle usate per droni e missili.

In breve, trattasi di una nuova offensiva economica per spingere Mosca, oggi con un’economia in contrazione e il suo Pil crollato, a impegnarsi seriamente nei negoziati con l’Ucraina, arrivando ad un vero “cessate il fuoco”.

In questo contesto sarebbe ragionevole attendersi un indebolimento della Russia, grazie alle nuove misure che colpiranno energia e banche, rafforzando i divieti esistenti e cercando di chiudere le falle ancora aperte.

Ma, saranno misure sufficienti?

Insidie “nascoste” sono già all’orizzonte, ovvero:

  • entro fine luglio, la proposta di pacchetto sanzionatorio – contenente gli aspetti sopra esposti – dovrà essere approvata, all’unanimità, dai 27 Stati Membri dell’Unione europea, per essere ufficialmente pubblicata in GUUE. Qui entrano in gioco la Slovacchia e l’Ungheria, da sempre vicini alle posizioni russe, che potrebbero opporsi, anche in questo caso, e costringere Bruxelles a nuove concessioni per sbloccare i negoziati. Per cercare di ovviare a questa situazione, l’Ue sta però lavorando a dei meccanismi per superare eventuali veti. Nello specifico, si sta pensando a modifiche, sia commerciali che fiscali, approvabili a maggioranza qualificata, bypassando così il sostegno unanime di tutti i 27 Paesi.
  • la decisione della Commissione di azzerare le importazioni di gas e petrolio russi entro il 2027 potrebbe scatenare ricorsi legali o arbitrati da parte delle aziende o dei governi penalizzati dall’iniziativa europea. In dettaglio, la Commissione europea ha proposto di interrompere fin dalla fine di quest’anno qualsiasi contratto spot – contratti di breve termine – con i fornitori di gas russo. I contratti attualmente in corso termineranno entro giugno del 2026; mentre quelli di più lungo termine scadranno entro la fine del 2027. Forte del fatto che l’energia è «competenza condivisa» tra Paesi membri e Unione europea, il commissario all’Energia Dan Jørgensen ha precisato «abbiamo scritto il regolamento in modo che introduca un divieto, tale da diventare per le parti contraenti una situazione di force majeure che non può provocare responsabilità legale».

Nonostante sia l’import di gas russo che quello di petrolio sul totale delle importazioni, dal 2021 ad oggi, sia diminuito nettamente, per assurdo le importazioni di energia russa lo scorso anno sono aumentate fino a riguardare ancora il 19% degli acquisti di gas della Ue. Ora, i piani della Commissione dipenderanno dalla disponibilità di forniture alternative di Gnl, da valutare tra Stati Uniti, Qatar, Canada e Africa e da come si muoveranno i Ventisette sulla diversificazione delle fonti energetiche.

Nel frattempo, in attesa che il testo legislativo del 18° pacchetto di sanzioni venga approvato sia dal Consiglio che dal Parlamento, i Ventisette saranno chiamati a presentare, entro la fine di quest’anno, un piano d’azione che porti all’azzeramento della dipendenza dalle importazioni di energia dalla Russia, che ancora oggi rappresenta il 13% di tutte le importazioni di gas (sia liquefatto che via pipeline) dell’Unione europea, e alla diversificazione delle fonti energetiche, nonché a maggiori investimenti nelle fonti rinnovabili, più sicure.

Fonte: Commissione Europea

Ecco quindi che, di fronte all’urgenza di Bruxelles di ripensare il proprio mix energetico per abbandonare i combustibili fossili importati dalla Russia, al più tardi entro il 2027, torna alla ribalta nel dibattito politico europeo anche il nucleare.

Il 12 giugno scorso la Commissione europea ha pubblicato la nuova edizione del “Programma illustrativo nucleare” (Pinc)[1], stimando investimenti per 241 miliardi di euro entro il 2050. Una cifra necessaria per garantire il prolungamento della vita operativa dei reattori esistenti e per costruirne di nuovi su larga scala.

Il documento, discusso il 16 giugno al Consiglio Ue Energia, a Lussemburgo, sottolinea come il nucleare continui a rappresentare una leva strategica per alcuni Stati membri, accanto alle fonti rinnovabili.

La novità è che, anche il governo italiano, come da comunicato stampa del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica del 16 giugno scorso,[2] ha aderito formalmente al gruppo dei Paesi sostenitori dell’energia nucleare e da membro “osservatore” si aggiunge al gruppo di 13 Stati membri[3], istituito su iniziativa francese nel 2023.

Invece, la Germania, che era arrivata a dipendere per oltre il 50% dal gas russo, in controtendenza rispetto al gruppo dei 13, dopo la rinuncia al nucleare (nel 2023 ha chiuso le ultime 3 centrali), ha deciso di rilanciare sul gas e si è assicurata un contratto decennale con l’Azerbaijan con forniture che, gradualmente, arriveranno fino a 1,5 miliardi di metri cubi annui. Le forniture di gas, che non saranno di provenienza russa, né transiteranno dall’Ucraina, dovrebbero quindi arrivare dal gasdotto TAP[4] – l’ultimo tratto del cosiddetto Corridoio meridionale del gas – che collega i giacimenti azeri nel Mar Caspio alle coste pugliesi, passando attraverso Georgia, Turchia, Grecia e Albania.

Fonte: Tap – Trans Adriatic Pipeline

Ciò detto, e più in generale, l’iniziativa della Commissione europea, legata all’invasione russa dell’Ucraina, suscita non pochi interrogativi e quanto tempo ci vorrà prima che l’Europa raggiunga un’unità d’azione – se mai accadrà – è ancora oggetto di dibattito.

Essenzialmente, trattasi di una scommessa molto forte che escluderebbe la Russia dall’Europa definitivamente.

In questo contesto, c’è chi si chiede se l’iniziativa europea sia legittima, poiché nei fatti mette a rischio la competenza nazionale nel mix energetico. Altri temono un incremento delle bollette elettriche o difficoltà nella transizione. Altri ancora si chiedono se l’interruzione dei contratti per causa di forza maggiore provocherà una serie di azioni legali.

E c’è addirittura chi, con una mossa a sorpresa che spiazza l’Ue, chiede che l’Unione Europea sia disposta a riconsiderare il divieto sulle importazioni di gas russo, che sta attualmente cercando di applicare, qualora venisse raggiunto un accordo di pace tra Russia e Ucraina. È questa la posizione dell’Austria che ha una sua razionalità politica ed economica: ovvero, la possibilità di riaprire al gas russo, in caso di accordo, costituisce un incentivo economico per Mosca a concludere il conflitto in Ucraina e riprendere le forniture profittevoli verso i paesi UE, mentre per i paesi UE vi sarebbe un forte interesse economico nel rifornirsi di gas a costi contenuti dalla Russia.

Trattasi di una crepa in seno all’Europa o di un’astuta mossa diplomatica?

Non abbiamo la pretesa di rispondere a queste domande, con le informazioni a nostra disposizione; ciò che sappiamo di certo è che, da quando la Russia ha invaso l’Ucraina nel 2022, improvvisamente, la sicurezza energetica, anziché gli obiettivi climatici, è diventata la priorità assoluta per i governi europei, privi purtroppo di una strategia comune.

Ad oggi, quel che è certo è che, a fronte di incognite politiche e legali, l’iniziativa comunitaria da tradurre in leggi da approvare, solleva più dubbi che certezze mentre, dal canto suo, “l’economia russa è limitata a un’economia di guerra e sacrifica le prospettive future”, come ha ricordato la presidente della Commissione europea. (m.d.f.)

[1] https://energy.ec.europa.eu/publications/communication-nuclear-illustrative-programme-under-article-40-euratom-treaty_en

[2] https://www.mase.gov.it/portale/web/guest/-/l-italia-aderisce-all-alleanza-ue-sul-nucleare

[3] Italia, Francia, Belgio, Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Ungheria, Paesi Bassi, Polonia, Romania, Slovacchia, Slovenia e Svezia

[4] Fonte Il Sole 24h 10-06-2025