Con mero spirito ludico questa volta osiamo affrontare con molta cautela questo argomento che però riveste una enorme importanza per il futuro dell’uomo e del pianeta.
È noto che la vita come noi la intendiamo, ovvero che ha portato alla dominanza attuale del sistema antropico, si è estesa all’origine dal mare alla terra. Quando il mare era già pieno di vita con specie altamente sviluppate e differenziate, la terra era ancora praticamente deserta di specie animali e con poche specie vegetali.
Poi nel periodo siluriano, circa 450 milioni di anni fa, la vita ha cominciato a diffondersi dagli organismi più semplici fino ad arrivare all’uomo, che ha usato dai primordi il mare per la sua alimentazione e successivamente per l’evolversi ed espandersi dei traffici delle sue civiltà remote e presenti fino ad abusarne drammaticamente nei tempi più recenti.
La stragrande maggioranza dei danni al mare sono stati fatti nel corso del XX secolo e parte di essi si sono estesi e sono tuttora in corso.
Alcuni addirittura sembra non abbiano ancora soluzioni definitive a tempi brevi o medi e su questi concentreremo i nostri commenti.
L’inquinamento da idrocarburi sembra sia stato risolto in altissima percentuale con gli accordi internazionali in essere e con i metodi stringenti ed evoluti di prevenzione e sorveglianza delle fonti potenziali.
Gli inquinamenti da cicli e prodotti industriali (chimici ed altri) sono anche regolamentati, anche se in questo caso purtroppo esistono ancora forti differenze nella loro applicazione reale fra i vari paesi del mondo e in particolare per quanto riguarda il c.d. terzo mondo.
Stesso discorso per gli scarichi di acque grigie e nere delle comunità umane.
Rimane elevato e poco monitorato lo smaltimento dei rifiuti tossici o, peggio, della nostra civilizzazione che molte volte finiscono purtroppo proprio in mare con metodi di gestione assolutamente illegali.
La pesca intensiva condotta con mezzi e volumi non rispettosi degli equilibri naturali è ancora un problema importante e le regole a difesa della fauna e flora ittica vengono rispettate e considerate solo da alcuni paesi.
Il riscaldamento superficiale dei mari è invece un fenomeno legato ad altre dinamiche ambientali e climatiche che tra l’altro sono ancora non ben definite e fonti di eterni dibattiti. Non entriamo in questo merito ma ne teniamo conto come un processo che potrebbe portare comunque a enormi e imprevedibili alterazioni sia delle fonti alimentari dei mari che l’uomo utilizza sia dell’andamento climatico del pianeta.
Rimane quindi del tutto in sospeso il problema dell’inquinamento da polimeri (ovvero dalle “plastiche”) determinato dall’uso intensivo che l’uomo fa di esse e soprattutto dai metodi di smaltimento dei residui.
La scoperta relativamente recente delle concentrazioni di tali residui negli oceani con la formazione di mostruose “isole di plastica” è principalmente determinata dall’ andamento delle grandi correnti oceaniche come evidenziato dalle seguenti immagini.
Fonte: Wikipedia da PhysicalGeography.net
Fonte: Wikipedia
La forza di Coriolis
In fisica, la forza di Coriolis è una forza apparente, a cui risulta soggetto un corpo quando si osserva il suo moto da un sistema di riferimento che sia in moto rotatorio rispetto ad un sistema di riferimento inerziale.
È alla base della formazione dei sistemi ciclonici o anticiclonici nell’atmosfera e ha effetti non trascurabili in tutti i casi in cui un corpo sulla Terra si muova ad alta velocità su lunghi percorsi, come per esempio nel caso di proiettili o di missili a lunga gittata. Meno comunemente il manifestarsi di questa forza apparente è indicato anche con l’espressione effetto Coriolis. (Fonte Wikipedia https://it.wikipedia.org/wiki/Forza_di_Coriolis#cite_note-4 )
Per verificarne l’esistenza basta che guardiate il vortice che si crea nei nostri lavandini domestici di casa.
Tutti i vortici nell’emisfero Nord ruotano in un senso (antiorario) mentre quelli nell’emisfero Sud ruotano tutti in senso inverso all’ emisfero Nord (orario).
Fonte: https://www.fe.infn.it/~lenisa/2020/lezioni/Coriolis.html
E il Mediterraneo? Beh, il Mediterraneo è praticamente un sistema chiuso il cui ricambio avviene solo attraverso lo Stretto di Gibilterra in circa 90 anni, ed in misura infinitamente minore tramite il Canale di Suez e i pochi grandi fiumi che vi confluiscono come il Danubio, peraltro sfociante nel Mar Nero “strozzato” dai Dardanelli e dal Bosforo.
Questo sistema, peraltro, almeno dal versante europeo, è tutelato da regole e leggi estremamente stringenti della Comunità Europea mentre a Sud sul versante africano è ancora in parte a bassa tutela, ma se non altro non ha il contributo di alcun grande fiume eccetto il Nilo e quindi sarebbe relativamente di semplice regolamentazione e soluzione.
Tutt’altro discorso invece per gli oceani dove il “contributo all’inquinamento da plastiche” è determinato da tutti i paesi che afferiscono a quei mari, con il particolare che in pratica le “isole” dell’emisfero Nord contengono i rifiuti dei paesi settentrionali mentre lo stesso risultato si produce nell’emisfero Sud, appunto per l’effetto “Coriolis.
Grossolanamente parlando, i residui di plastica si dividono in “macro” e “micro” con problematiche di impatto molto diverse fra di loro.
Le “macro” sono in gran parte convogliate al mare dai grandi fiumi e dagli scarichi urbani in particolare, ma purtroppo non esclusivamente, dalle aree meno sviluppate del pianeta e sono impattanti in maniera vistosa nel mare.
Lo smaltimento delle macro già esistenti negli oceani, tutt’altro che semplice, è comunque in corso di analisi con progetti importanti anche se le dimensioni delle isole già esistenti sono tali che i tempi potranno richiedere decenni. Per la prevenzione invece, il fatto che siano i fiumi a convogliarle teoricamente in elevata percentuale sul totale, ne dovrebbe facilitare anche una drastica riduzione del conferimento l’adozione di mezzi di superficie fissi e di smaltimento all’origine.
Per le micro il problema invece va risolto unicamente a monte riducendone la produzione ed il relativo generalizzato consumo. Le “micro” impattano in maniera molto più subdola delle “macro” e purtroppo entrano massivamente a far parte del ciclo di vita ittico e quindi, successivamente, di quello alimentare dell’uomo, con conseguenze ancora in via di indagine e definizione, ma certamente ed evidentemente non positive.
Problema estremamente complesso, perché incide fortemente sia sullo stile di vita dell’uomo che sulla sua economia di consumo; infatti, le stesse sono contenute in moltissimi prodotti comunemente usati come i cosmetici, i detersivi, ma anche nei tessuti e in altri prodotti di comune uso da parte della stragrande maggioranza dell’umanità. È inoltre estremamente arduo ridurne l’eventuale afflusso in mare.
Inoltre, giova sottolineare che anche le “macro” lentamente e con sequenzialità diverse diventano in parte “micro” o comunque elementi frantumati che vengono ingurgitati dalla fauna ittica con ulteriori danni e conseguenze immaginabili.
Cosa può fare il comune cittadino? Oltre a rispettare le linee guida e i regolamenti di smaltimento che ci sono giustamente dettati dagli organi di controllo preposti, il semplice fatto di averne conoscenza dovrebbe far riflettere per migliorare il nostro stile di vita e di consumo in maniera più rispettosa per l’ambiente che ci ospita e che ospiterà le future generazioni.
L’attenzione di tutto il mondo è fortemente concentrata sul riscaldamento climatico e sulle emissioni di CO2; tuttavia, questo problema potrebbe avere addirittura un maggiore impatto soprattutto nel presente e futuro prossimo considerando che con provvedimenti che potrebbero essere adottati rapidamente e generalizzati a tutti i paesi del mondo si potrebbe limitare almeno l’inquinamento ulteriore da macroplastiche.
Abbiamo recentemente partecipato ad un interessante convegno sul tema organizzato dal Propeller Club Port of Trieste con la partecipazione di ricercatori dell’OGS ed altri importanti studiosi, dal quale è emerso che, pur non esistendo ancora un protocollo unico condiviso e sottoscritto da tutti i paesi del mondo, l’UE ha già preso cogenti provvedimenti.
Per chi volesse approfondire l’argomento ci sono vari siti che se ne occupano e possiamo indicare ad esempio il seguente link:
Il mondo dello shipping è già da tempo sensibile sull’ argomento, sia nel trattamento e smaltimento delle acque di zavorra e dei fumi da combustione (scrubbers etc.) delle navi che, a riguardo di questo specifico tema delle plastiche, in quello dei rifiuti delle stesse che vengono raccolte nei porti da operatori specializzati e sotto stretto controllo e verifica delle regole normative in essere (Marpol ed altre) che regolamentano lo smaltimento dei rifiuti derivanti anche dalle lunghe navigazioni oceaniche. (di.s.)


