La notizia, per quanto di rilevante impatto, è uscita per ora unicamente sulla stampa specializzata. Dal primo maggio anche il Mar Mediterraneo è ufficialmente un’area Seca (Sulphur Emission Control Area), ovvero a limitate emissioni di zolfo. Lo prevede l’allegato sesto della Convezione Marpol che stabilisce che il contenuto massimo di zolfo nel combustibile delle navi non potrà superare lo 0,1 %, valore fortemente ridotto rispetto allo 0,5 % fissato nel 2020.
È stata l’Organizzazione Marittima Internazionale (Imo) a lanciare la notizia richiamando la rilevanza strategica e la fragilità dell’ambiente marino mediterraneo dove passa il 20 % del commercio marittimo mondiale, il 17 % delle crociere e transita nelle sue acque il 24 % della flotta mondiale. Molteplici i benefici attesi dall’Imo sia sull’ambiente, perché la riduzione dell’acidificazione “contribuisce a proteggere colture, foreste e specie acquatiche”, che sulla salute umana con effetti positivi in termini di riduzione dei tassi di cancro ai polmoni, malattie cardiovascolari, ictus e asma infantile.
Tutto bene, dunque? Non esattamente perché l’entrata in vigore di questi nuovi limiti (peraltro prevista da tempo dal mondo armatoriale), ha comportano rilevanti investimenti non solo per i nuovi ordini di navi commerciali e da crociera, ma anche per gli adattamenti del naviglio esistente ai nuovi limiti di zolfo nel combustibile.
Trattandosi con tutta evidenza di investimenti piuttosto rilevanti ne è conseguita l’introduzione di sovrapprezzi “dedicati” da parte delle maggiori compagnie di navigazione. Msc ha introdotto una fee aggiuntiva di 25 dollari/Teu per carichi in arrivo nel Mediterraneo da Australia e Nuova Zelanda e di 15 dollari/Teu per quelli provenienti dall’Asia. Cma Cgm applica un sovrapprezzo di 10 dollari/Teu per invii dal Mediterraneo verso l’Asia, il Medio Oriente ed il Mar Rosso.
Per gli inoltri dal Mediterraneo al West Africa il fee aggiuntivo sarà di 25 dollari/Teu. Anche Maersk ha evidenziato che la sovrattassa relativa all’introduzione della Seca verrà integrata nel suo Fossil Fuel Fee, con tariffe differenziate a seconda delle rotte. L’estensione di Seca al Mediterraneo segue quanto già attuato dall’Imo per il Mar Baltico, il Mare del Nord, le aree costiere statunitensi e canadesi ed il Mar dei Caraibi e precede quanto avverrà per l’Artico canadese e il Mar di Norvegia, nonché per l’Atlantico Nord-Orientale. In definitiva, la strategia dell’Imo appare chiara e l’intendimento è proprio quello di ottenere una progressiva estensione dei nuovi limiti a tutti i mari.
Naturalmente, l’attuazione pratica di un simile programma sottende che vi sia, da parte delle autorità marittime competenti, una costante azione di vigilanza sul rispetto delle nuove regole da parte del mondo armatoriale affinché i benefici attesi siano effettivi e non restino solo vuote dichiarazioni di principio. (m.z.)