Dazi Usa-Cina: è scontro totale

Dell’argomento dazi americani e dei suoi possibili riflessi sul trasporto marittimo internazionale ne avevamo parlato nella newsletter dello scorso aprile. Ora l’argomento è divenuto di stretta attualità atteso che, a far data dallo scorso 14 ottobre, sono entrati in vigore i nuovi dazi imposti dal United States Trade Representative (Ustr) con la finalità di “invertire il predominio cinese e ripristinare la cantieristica navale americana”.

Nell’approssimarsi di questa scadenza, si sono sbizzarrite le principali società di analisi che hanno ipotizzato extra-costi, ad esempio nel settore dei contenitori, di 3,2 miliardi di dollari entro il 2026, nel presupposto che le maggiori compagnie di navigazione che scalano porti americani con naviglio cinese mantengano l’attuale assetto dei servizi.

Ricordiamo che la tariffa aggiuntiva finale è stata fissata in 50 dollari per tonnellata netta con ulteriore incremento di 30 dollari fino al 2027. Secondo le previsioni, sarà la compagnia cinese Cosco a sopportare i maggiori oneri con commissioni aggiuntive stimate in 1,53 miliardi di dollari sul totale di 3,2 miliardi di dollari previsto per il 2026. E si tratta di oneri, come specificato dalle competenti autorità statunitensi, che ricadono integralmente sugli operatori navali che dovranno versare il dovuto al Dipartimento del Tesoro americano almeno tre giorni prima dell’arrivo della nave, pena il divieto di effettuare operazioni di carico o scarico nei porti Usa.

Come è facile arguire, si tratta di vere e proprie barriere al libero commercio internazionale che, preannunciate dallo scorso aprile, hanno portato alcuni tra i principali vettori marittimi a riorganizzare i rispettivi network e a variare i noli. Un esempio?  La Msc ha rimosso la nave Msc Jeongmin dal servizio California Express dal Mediterraneo verso gli Stati Uniti. Altre compagnie hanno riposizionato il proprio naviglio spostando nelle rotte verso l’America mezzi “neutri”.

Quanto ai possibili benefici effetti sulla cantieristica americana di questa aggressiva politica sui dazi, ad oggi la stampa specializzata segnala che nei primi nove mesi del 2025 c’è stata sicuramente una riduzione dell’incontrastato dominio cinese sui nuovi ordini ma a beneficiarne sinora è stata soprattutto l’industria cantieristica sudcoreana che ha raggiunto una quota del 39 % degli ordini complessivi raggiungendo la Cina, ferma al 40 %.

Ma all’orizzonte c’è una forte aspettativa anche per la crescita dell’industria navale giapponese. Tuttavia, l’attuale amministrazione americana sembra, al momento, non voler sentire ragioni, e sono alle viste nuovi “maxi dazi” che andrebbero a tassare al 100% alcuni tipi di gru ship-to-shore e di equipment per la movimentazione delle merci di origine e controllo cinese e al 150% chassis per trasporti intermodali, gru a portale su gomma, su rotaia, reach-stacker, trattori portuali e relativi componenti.

Insomma, si andrebbero a colpire tutte le attrezzature a servizio dei traffici marittimi di produzione cinese e c’è tempo sino al 10 novembre per partecipare alla fase di consultazione pubblica, precedente all’adozione formale del provvedimento. Ma cosa sta succedendo? Come avevano previsto i commentatori più accreditati, il dragone cinese (che sino all’ultimo aveva confidato in una composizione negoziata del contrasto sui dazi aperto dagli Stati Uniti) ha reagito pesantemente introducendo a sua volta, sempre a partire dallo scorso 14 ottobre, rilevanti tasse portuali aggiuntive per navi di proprietà o gestite da armatori statunitensi che attraccheranno nei porti cinesi.

È evidente come siamo in presenza di una contromisura difensiva ai dazi americani, preannunciata dal Ministero dei Trasporti cinese con qualche giorno di anticipo. La misura dei contro-dazi cinesi? Alta, sicuramente: si parte da una prima tariffa di 56,13 dollari per tonnellata netta per salire a 89,81 dollari dal 17 aprile 2026, a 123,52 dollari dal 17 aprile 2027 e a 157,16 dollari dal 17 aprile 2028. È naturale ipotizzare che sono stati proprio i contro-dazi cinesi a provocare la nuova mossa americana che andrebbe a colpire, come detto, i mezzi di terra di produzione cinese a servizio dei traffici marittimi.

Guerra totale (sia pure solo commerciale) che non promette nulla di buono e che sta pesantemente condizionando l’attività dello shipping mondiale con continui “riposizionamenti”, alla costante ricerca del modo più indolore per affrontare la “guerra dei dazi”.  La Maersk, ad esempio, ha deviato in corsa le rotte di due navi porta-container in viaggio verso il porto di Ningbo, battenti bandiera americana (la Potomac Express e la Maersk Kinloss), fermandole nel porto di Busan, in Corea del Sud, e facendo proseguire la merce destinata ai porti cinesi con navette dedicate. Insomma, un bel caos che secondo i migliori analisti sta innescando una “spirale di tassazione marittima” che rischia di distorcere i flussi commerciali globali, decretando la fine della neutralità del trasporto marittimo, divenuto sempre di più un vero strumento di competizione geopolitica.

Margini per risolvere la situazione? Piuttosto risicati e tutti concentrati nell’incontro diretto Trump-Xi Jinping, in corso in questi giorni mentre scriviamo, in Corea del Sud nell’ambito della riunione di Cooperazione Economica Asia-Pacifico.  Sperare non costa nulla, nella consapevolezza che una ritrovata libertà dei commerci rappresenta un preciso interesse strategico dell’Europa e dell’area del Mediterraneo. (m.z.)