2023: nulla sarà più come prima

Covid-19, sfida climatica, prove muscolari e spintoni fra le potenze o aspiranti tali per minare l’egemonia finanziaria ed economica e quindi politica degli Stati Uniti, ed al culmine la guerra ucraina hanno drasticamente ridimensionato sia le aspettative che gli obiettivi del globalismo, che ha mostrato tutti i suoi limiti

Ai grandi attori della geopolitica USA e Cina si affiancano certamente la Russia e anche, in prospettiva, l’India pur con posture molto differenti, ma che sicuramente dovranno trovare una soluzione nel nuovo equilibrio mondiale che si prospetta.

Altri attori ambiziosi guardano a un più importante ruolo e inserimento, come la Turchia per quanto attiene in particolare alla nostra area di mondo mediterraneo.

L’oggetto misterioso purtroppo in questo scacchiere rimane l’Europa, che non è riuscita ancora a trovare la quadra per una presenza diretta e non, indotta come Comunità Europea e non come singoli e pur gloriosi Stati, ma che ora sono alla disperata ricerca di una nuova personalità unitaria, che possa degnamente rappresentare, con il dovuto peso specifico, le sue variegate popolazioni nel grande gioco globale

Certo è che quando l’Europa sembra poter timidamente alzare un po’ il tono, succedono fatti che ne frustrano magari indirettamente questa sua “arroganza”.

Gli outlook delle principali agenzie di rating e di analisi prevedono “un progressivo ritorno alla normalità” dopo lo scossone, anche se su questo scenario ci sono ancora svariati ostacoli. Tuttavia, la normalità che si prospetta non è più quella che veniva individuata precedentemente al 2020.

Meglio? Peggio? A nostro sommesso parere, una situazione più dinamica, che pur esponendo il mondo ad alcuni maggiori rischi di instabilità, costituisce anche stimolo per soluzioni e sviluppi che evitino una pericolosa ed eccessiva ulteriore verticalizzazione della piramide economica e sociale del pianeta

In questo contesto andranno affrontati alcuni nodi fondamentali.

  • In primis il contrasto fra economia e ambiente nel contesto di una ancora spaventosa previsione di crescita demografica sbilanciata e localizzata nella parte più povera del pianeta.

Il modello economico del mondo non può prescindere da una costante crescita del PIL, ma le proiezioni di PIL al 2050 non ci sembrano compatibili con le esigenze e gli obiettivi del piano di salvaguardia ecologica del pianeta.

  • La crescita demografica concentrata nelle aree più povere del pianeta impone una drastica scelta operativa del primo mondo per evitare ulteriori verticalizzazioni del sistema ed il collasso dello stesso.
  • La chiave di volta o perlomeno una delle principali chiavi di lettura è quella di capire come verrà affrontato il problema dell’Africa, soprattutto se verrà data priorità alle cogenti ed inderogabili tempistiche per risolverlo

Riportiamo qui di seguito un grafico:

 

Elaborato da fonte: United Nations – World Population Prospects 2022      

             

Il grafico definisce in maniera plastica la connessione diretta fra sviluppo economico e aumento della popolazione.

A regime di economia di mercato, corrisponde una stabilizzazione anzi un decremento della popolazione, mentre a regimi di alta pauperizzazione e bassissime prospettive di sviluppo corrisponde un aumento esponenziale della stessa.

Questo per dire che l’area individuata non è genericamente l’Africa, ma in particolare una fascia di paesi che viene definita subsahariana

Solamente un organico programma di assistenza per lo sviluppo da parte di tutti questi paesi che qualcuno ha chiamato “Nuovo Piano Marshall” potrà cercare di orientare in maniera più virtuosa quest’area, creando non solo nuovi mercati di sbocco per le produzioni di articoli di consumo dalle attuali fonti, ma anche la necessaria capacità economica minima di accesso da parte della nuova utenza, che potrà gradualmente aggiungersi a quella europea, nordamericana e asiatica.

L’investimento sarà colossale, ma se correttamente programmato e condiviso non solo nello sviluppo economico necessario a creare un nuovo mercato di consumo, ma anche e soprattutto un welfare garantito equivalente o perlomeno simile a quello esistente nei paesi di prima fascia – Europa in primis – potrà coniugarsi con le esigenze dei problemi basilari che qui sopra abbiamo enunciato.

I flussi marittimi con l’Africa dovrebbero aumentare in maniera importante e continuativa non solo dall’Asia ma anche dall’Europa.

Come si colloca il Mediterraneo e nello specifico la nostra area dell’Adriatico Nord-Orientale ed i nostri porti?

Favoriti da un percorso marittimo certamente breve e flessibile che richiede agli armatori un minore investimento numerico di flotta rispetto ai porti del Nord Europa.

Container o Ro-Ro? Probabilmente entrambi sia pure con differenze rispetto ai singoli mercati ed alle destinazioni finali delle merci.

Per alcune aree specialmente interne la gestione logistica di un parco container potrebbe continuare a manifestare criticità importanti che fanno preferire l’utilizzo di semirimorchi e quindi di navi ro-ro che tra l’altro possono godere di maggiore flessibilità nella scelta dei porti di toccata

La rete interna dell’Africa presenta ancora notevoli criticità per la distribuzione ferroviaria data la vastità del territorio

La rete stradale, nonostante soffra degli stessi problemi, consente però una maggiore capillarità e flessibilità di consegna e soprattutto di gestione del rientro rapido e garantito del mezzo.

Tornando al nostro continente, se poi restringiamo la nostra attenzione sull’Alto Adriatico Orientale ed in particolare sui suoi porti che sono il naturale gateway del traffico sia container che ro-ro di tutto il Centro-Est Europa, le prospettive sono certamente positive. In particolare, per Trieste grazie alla eccellenza dei collegamenti ferroviari destinati a incrementarsi fortemente anche nel futuro prossimo.

Più complessa per l’Alto Adriatico Orientale e di difficile previsione l’evoluzione del traffico container di lungo corso ed in particolare quello tradizionale e fondamentale con l’Asia e specificatamente con la Cina.

Le macro-previsioni dicono che per effetto del combinato disposto del reshoring e del nearshoring ed anche di una meno florida predisposizione di scambi commerciali il traffico dovrebbe tendenzialmente ridimensionarsi nella crescita del suo flusso principale West-bound ma anche di quello East-bound in direzione opposta.

Tuttavia, la situazione dell’Adriatico potrebbe andare in controtendenza e continuare la vigorosa crescita degli ultimi periodi a scapito del traffico instradato sui porti del Nord Europa.

In particolare, per Trieste, lo sviluppo dei collegamenti ferroviari, la costituzione dei corridoi doganali anche internazionali e le auspicate definizioni definitive delle potenzialità del regime di Porto Franco, il sistema regionale intermodale Regione Porto FVG coordinato con gli interporti, costituiscono un pacchetto di attrazione completo.

Da ultimo accenniamo a un settore che in particolare, nei crescenti interessi per l’Africa, potrebbe avere un importante ulteriore sviluppo, ovvero quello del project cargo, cioè del trasporto di impiantistica e manufatti destinati a strutture complesse di dimensioni non unitizzabili, che normalmente utilizzano vettori ro-ro ma anche, spessissimo, navi convenzionali di dimensioni meno impegnative anche nei pescaggi massimi.

Questo fattore è particolarmente importante per raggiungere un auspicato pieno utilizzo di tutto il potenziale portuale della nostra Regione FVG, che dispone di tre porti, tutti con caratteristiche diverse ma fortemente compatibili per costituire un sistema sinergico a disposizione del traffico internazionale, e anche del nostro sistema produttivo industriale, che dispone di realtà importanti che operano nel settore dell’impiantistica ed in altri settori collegati, che possono avere un ulteriore significativa crescita da questi potenziali scenari africani.

 

Foto di copertina di ra_na1812 da Pixabay – una strada di montagna sudafricana